Il sarto, la moglie e l’apprendista

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**** ‘Il caftano blu’. Drammatico, Mar-Fra-Bel-Din, 2022, 121 min. Regia e sceneggiatura: Maryam Touzani. Fotografia: Virginie Surdej. Musica: Kristian Eidnes Andersen. Interpreti: Saleh Bakri, Lubna Azabal, Ayoub Messioui.

La lenta e meticolosa lavorazione di un bellissimo caftano blu scandisce i tempi e il simbolico conto alla rovescia di questo film che, con un successo inaspettato nel paese vicino e una nomination all’Oscar, è servito ad aprire il dibattito sull’omosessualità in Marocco. Tuttavia, il film di Maryam Touzani va ben oltre l’aprire armadi, finestre e hamanes per accogliere una relazione triangolare che trascende le etichette o le pretese per parlare di dignità, comprensione, cura e vero amore al di là delle chiavi culturali o dei contesti di oppressione patriarcale così di moda nell’oggi cinema mondiale.

Perché al centro del film, che si svolge al chiuso e dove si intravede appena il cielo della medina, è in gioco la complicità intima, resistente e imprendibile di una coppia di sposi, lui il sarto muto, lei le incaricate della conduzione dell’azienda (straordinarie Saleh Bakri e Lubna Azabal), dove la condizione sessuale è naturalmente assunta e accettata nel privato, anche quando l’arrivo di un giovane apprendista innesca quella corrente di desiderio omoerotico che può dispiegarsi solo di nascosto.* 100006*

Touzani fissa il suo sguardo furtivo e delicato sui gesti e sui piccoli dettagli, su quei tocchi ravvicinati che, allo stesso modo in cui si tocca la materia di un tessuto prezioso, determinano che il gioco degli affetti appartiene solo a chi sono veramente disposti a prendersi cura di loro. Neppure l’irruzione della malattia e la nota del melodramma riescono a turbare il tono preciso di un film che sa evitare tutti i pericoli della denuncia ambientale per trasformarli in materia sensibile di prim’ordine.

Come ha fatto in Adam, interpretato anche da Azabal, Touzani si avvicina ai corpi e agli sguardi come vettori di onestà, dignità e verità, come segni di accettazione e sollievo che rendono questo film tanto poetico quanto politico, tanto empatico con i suoi personaggi quanto elegante e sottile nella sua esibizione formale. E questo, senza dubbio, è il suo più grande risultato al di là dell’apertura di dibattiti o della sua strumentalizzazione pedagogica.

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